IL RESTAURO DEGLI ATLANTI DEL MERCATORE
Un lavoro particolarmente interessante è stato l’intervento su tre Atlanti geografici: Mercator, Gerardus Atlas Novus (Amsterdam, I. Iansonius eH. Hondius, 1638) appartenenti alla Biblioteca della Società Economica di Chiavari.
I problemi presentati erano sia di natura strutturale che chimica: la tipica legatura originale di questi atlanti olandesi, ovvero in piena pergamena rigida con profonde impressioni in oro, appariva compromessa a causa della deformazione dei piatti in apertura, a partire dal morso. Un problema, questo legato al montaggio stesso delle tavole su brachette poi cucite: ne risulta uno scompenso di spessori tra il dorso e il taglio anteriore, poiché nonostante la brachetta abbia una sua compensazione, questa non basta a raggiungere la misura della tavola doppia; se si aggiunge un aumento legato alla consultazione dell’atlante e all’aria che si trattiene tra le carte (sic!) si otterrà un’apertura a ventaglio estremamente antiestetico e difficile da gestire sugli scaffali (sappiamo che dimensioni e peso di questi atlanti sono notevoli). Questo problema si ripercuoteva in uno sforzo eccessivo sui materiali di rivestimento e dei nervi di cucitura, in corrispondenza del morso, nel tentativo di forzare la chiusura del volume: questo aveva provocato una fragilità nello stesso punto ma non il distacco dei piatti. C’erano inoltre delle erosioni da topi e indebolmenti ai cartoni, soprattutto agli angoli; macchie di cera e di varia natura.
Il secondo problema, quello di natura chimica, aveva colpito le carte con una forte ossidazione, ovvero inacidimento del supporto cartaceo che si era tradotto in un generale imbrunimento. Ma l’ossidazione più forte si riscontrava su alcuni colori delle tavole, in particolare i verdi che marcavano i confini dei territori raffigurati: l’acidità era tale da spezzare la catena molecolare della cellulosa, ottenendo l’effetto di una rottura della carta in corrispondenza dei verdi, con rischio di perdita di numerosi frammenti.
Questo tipo di problematiche costringeva ad un intervento di deacidificazione e integrazione di strappi e lacune sulle carte, vale a dire uno smontaggio, quando la cucitura era in perfetto stato di conservazione. È stata fatta una scelta molto ardita e coraggiosa: staccare tutte le tavole dalle rispettive brachette di montaggio lasciando intatta la struttura di cucitura. Ciò ha permesso di intervenire con operazioni per via umida sulle tavole.
Naturalmente bisognava usare tutte le precauzioni nei riguardi dei colori, ovvero test di solubilità e fissaggi.
Le prove effetuate hanno evidenziato una positività dei colori ai solventi tale da indurre a proteggere le zone maggiormente solubili con velo precollato di Primal al 30% durante i lavaggi e le deacidificazioni.
La deacidificazione con idrossido di calcio, pur ottenendo degli alti valori di ph dopo i trattamenti, produce un viraggio dei colori e della carta verso toni spenti, ingrigiti, con una perdita della brillantezza.
Escludendo la deacidificazione acquosa, in favore di quella alcolica in propionato di calcio (che ottiene valori di ph abbastanza soddisfacenti), si è deciso di praticare comunque un lavaggio acquoso perché otteneva una buona solubilizzazzione dei prodotti del degrado della carta nonché delle zone maggiormente ossidate come i confini territoriali, spesso fragili o perforati. Sia queste zone, sia il supporto cartaceo ne sono usciti consolidati e leggermente schiariti.
Sono seguite le operazioni di integrazione cartacea ed infine il rimontaggio delle tavole, pressate, nella collocazione originale.
Ciò ha permesso di riportare il volume alla sua dimensione originale, ripristinandone la chiusura corretta e dimostrando l’efficacia della scelta operata.